Author: 5admin

  • Federica Amadio

    Federica Amadio

    Ruolo                             Copywriter & SEO

     

    Contatto                       Copy@quinto-elemento.it

     

    In breve                         Extrovert – Creative – Curious

     

    Segni particolari        Cat lover & Radio speaker

     

    Chi sono

    Spirito libero, creatività veloce e performer da tastiera.
    Considero la scrittura come il mio sport estremo preferito.

  • Giulia Cortese

    Giulia Cortese

    Ruolo                             Graphic designer freelance

     

    Contatto                       Creative@quinto-elemento.it

     

    In breve                         Curious, dreamer and empathic

     

    Segni particolari        Documentary addicted

     

    Chi sono                     

    Dalla pittura, all’illustrazione, dai tatuaggi alla grafica: sempre in punta di piedi su
    una canzone, cercando di trasformare l’ispirazione in viaggio visivo.

  • Matteo Canali

    Matteo Canali

     

    Ruolo                             CEO

     

    Contatto                       Info@quinto-elemento.it

     

    In breve                         Hard worker – mindset – booklover

     

    Segni particolari        Asian culture lover

     

    Chi sono

    Credo nel lavoro di squadra, nell’intreccio di menti e nelle potenzialità di ogni
    componente di un team per raggiungere insieme anche gli obbiettivi più difficili.

  • L‘EVOLUZIONE DEL SETTORE MODA

    L‘EVOLUZIONE DEL SETTORE MODA

    Il consumatore del settore moda, oggi come oggi, risulta sempre più informato, preparato ed esigente. Per questo è necessario anche in quest’ambito stare al passo coi tempi, per coglierne sfumature, cambiamenti, e prevederne in qualche modo gli sviluppi. Solo così si potrà essere davvero concorrenziali.
    Il punto vendita in questo senso può porsi come interessante anello di congiunzione tra l’azienda e il consumatore, riuscendo a monitorare in tempo reale quelli che sono i trand del momento, che il consumatore acquisisce dal mondo esterno e che poi va a ricercare nel negozio stesso.

    Naturalmente anche la moda in sé e per sé, come settore, ha conosciuto lei stessa un’evoluzione nel corso del tempo, in maniera significativa soprattutto nella seconda metà del secolo scorso.
    Da un punto di vista storico, nel primo dopoguerra la persistente e ancora netta divisione della società tra la classe agiata e la massa comportava una forte polarizzazione dei consumi. Si aveva da un lato la couture parigina per le donne e l’alta sartoria inglese per gli uomini, modalità attraverso le quali le classi alte ostentavano il loro status, dall’altro, per quanto riguarda le masse e le classi meno agiate, esse erano invece caratterizzate da un abbigliamento indifferenziato e invariato nel tempo.

    Un primo cambiamento rispetto a tutto ciò si ha alla fine degli anni ’60, contestualmente a due fondamentali fenomeni sociali: la contestazione giovanile e l’emancipazione femminile.

    I giovani prendono coscienza della loro autonomia intellettuale, rivendicano nuovi valori e sentono di rappresentare un mondo diverso e spesso in contrapposizione con quello degli adulti. Nasce così un abbigliamento destinato a questo universo giovane che si configura come un nuovo segmento di mercato, il quale prevede adesso anche nuove differenziazioni, come jeanswear, sportswear, casualwear ad esempio.
    Negli anni del boom un pubblico sempre più ampio accede ai consumi, quale quello della moda. La donna inoltre assume un nuovo ruolo in questi stessi anni: sempre più dismette i panni della semplice casalinga per occupare adesso ruoli lavorativi anche importanti, acquisisce consapevolezza di sé e ricerca un nuovo modo di apparire e un abbigliamento consono alle proprie esigenze.

    Contemporaneamente, la crisi dell’alta moda francese e della grande industria conducono alla nascita dei distretti industriali e del prêt-àporter. Si fa strada quindi un nuovo concetto di moda che diventa industrializzata e consente una differenziazione e una forte segmentazione dell’intero settore, cose che fino a qualche decennio prima erano inesistenti.

    Tutti questi mutamenti, che si compiono definitivamente negli anni ’80, preludono e concorrono al fenomeno dello “stilismo”, si sviluppa così considerevolmente in particolare il prêt-àporter italiano grazie alla creatività degli stilisti e all’avvio di politiche di brand extension che segmentano il mercato sulla base del prezzo e creano un’offerta di prodotti griffati ad un costo accessibile.

    Il resto, è storia contemporanea.

  • MARKETING DI PROSSIMITA’

    MARKETING DI PROSSIMITA’

    Marketing di prossimità, che cos’è? Si tratta di una delle nuove frontiere del fare marketing, servendosi delle moderne tecnologie, in particolare dei nostri inseparabili dispositivi mobili.
    E così, se ci troviamo a passare davanti alla vetrina di un negozio che vende determinati articoli per i quali avevamo già dimostrato interesse attraverso, ad esempio, una ricerca su Google, ecco che potremo ricevere un messaggio che ci avvisa delle promozioni in corso in quel dato punto vendita, e di cui potremo approfittare.

    Questo grazie all’economia dei Big Data e alla nostra autorizzazione naturalmente.

    Quanto detto può valere per negozi, ristoranti, cinema ed in generale tutti quei luoghi fisici che offrono beni e servizi, e che potranno fare così a meno delle tradizionali costose pubblicità ed avvalersi invece di una comunicazione più “ad personam” legata al mobile marketing.

    Certo nel nostro Paese questo tipo di processo di vendita è ancora agli inizi, si sta timidamente affacciando al mercato solo adesso, per le difficoltà costituite dalla complicata legge sulla privacy e per la diffidenza ancora largamente presente verso questo tipo di attività, che vengono viste spesso come un’“invasione” del nostro mondo privato da parte dell’esterno.
    E invece bisogna essere in grado di vedere, e di cogliere, questa nuova, grande opportunità! Che apporta vantaggi sia ai venditori che ai consumatori.

    In questo modo evidentemente i negozi fisici tornano ad acquisire un’importanza e un ruolo ben precisi, in un’epoca, la nostra, in cui l’e-commerce (lo shopping online quindi) sta ormai rivoluzionando il tradizionale processo di acquisto, quello legato cioè al punto vendita fisico. Grazie al marketing di prossimità, all’analisi dei dati e ad una buona dose di creatività, il negozio tradizionale ha la possibilità di scendere nuovamente in campo, dotato di nuove e più moderne carte da giocare! E tornando quasi a ricoprire il ruolo del negozio di fiducia sotto casa, quello che ci conosce personalmente e sa consigliarci perfettamente i migliori prodotti e le offerte più interessanti.

    E tutto questo grazie alla tecnologia, come ad esempio quella di iBeacons, vale a dire piccoli strumenti di connessione che sono in grado di identificare con estrema precisione la posizione di una persona dotata di un cellulare connesso.
    Il negozio fisico dunque, che di fronte all’e-commerce rischiava di scomparire, risulta nuovamente protagonista del processo di acquisto, diventando utile e invitante, in un modo nuovo e moderno, perché si pone adesso nei nostri confronti come la soluzione ai nostri problemi, proprio quella, esattamente quella! che stavamo cercando.

  • CONTRASTARE LO SHOWROOMING

    CONTRASTARE LO SHOWROOMING

    Esiste una pratica, oggi molto diffusa, che interessa sempre più i punti vendita, destando la preoccupazione crescente dei rispettivi titolari: ovvero quella dello “showrooming”, che significa entrare in un negozio, guardare, provare, valutare, esaminare un certo capo, per poi comprarlo online perché costa meno, spesso anche seduta stante.

    Certo non si può dire che dal punto di vista etico sia il massimo della correttezza, anzi, tutt’altro…Ma come sempre, è importante ricordare che da ogni momento di crisi può sorgere un nuovo inizio. I momenti di difficoltà, di cambiamento, di destabilizzazione devono essere colti come degli sproni ad andare avanti, migliorarsi, rinnovarsi se necessario.

    Così è anche in relazione al fenomeno dello showrooming, legato a quello più vasto e globale dell’avvento della rete, tanto che risulta impensabile oggi come oggi di poter tornare in qualche modo indietro. E allora andiamo avanti, come sempre. Cerchiamo di valutare quali opportunità ci offre questo nuovo scenario, e come possiamo sfruttarli. Cerchiamo di creare un valore aggiunto, legato al punto vendita, in grado di “contrastare” il potere dell’e-commerce, anzi, ancora meglio, di servirsene a proprio vantaggio. E’ il cosiddetto “reverse showrooming”.

    Le misure che si possono adottare in tal senso sono diverse, eccone alcune:

    • Prevedere la presenza del punto vendita sui social: un aspetto fondamentale della comunicazione è infatti quello di instaurare una relazione costante con la clientela sul territorio, acquisendo autorevolezza tramite il monitoraggio dei trend del momento per catturare l’attenzione dei consumatori digitali.
    • Creare un accesso wi-fi gratuito per chi entra nel negozio, che mostri il sito del punto vendita stesso innanzitutto, e magari anche una App che offra informazioni e sconti per chi effettua degli acquisti da smartphone, battendo sul tempo quindi i siti di e-commerce.
    • Predisporre un programma fedeltà per gli utenti: ovvero, per chi compra da smartphone sulla App del negozio o sul suo sito, si può prevedere un programma a punti che spinga il consumatore a proseguire sulla medesima strada, accumulando così ulteriori vantaggi.
    • Migliorare la qualità dei personal shopper: sono loro in fondo, sempre e comunque, a fare la differenza, rispetto ad un acquisto effettuato online. Sono loro che possono rendere la shopping experience friendly e divertente, nonché guidata nella giusta maniera, ovvero efficacemente e cortesemente. Occorre quindi fornire il personale di vendita di una formazione adeguata, in modo che possa costituire davvero la differenza.
    • Offrire la possibilità del ritiro presso il negozio stesso di quanto si è acquistato in rete, modalità che inizia già a vedersi anche nel nostro Paese.
    • Approntare dispositivi di vario tipo che facilitino la shopping experience del cliente, risolvendogli una serie di piccoli “problemi” tipici dei punti vendita, quali ad esempio la coda in cassa, e che riesca in tal modo a fidelizzarlo.

    Certo, bisogna applicarsi e studiare tutta una serie di possibili strategie, ancora poco note e sfruttate. Esistono comunque già dei dispositivi di riferimento, come ad esempio iBeacon, sviluppato da Apple, che sfrutta la tecnologia Bluetooth Smart per implementare App e servizi ai clienti.

    Ma non c’è altro tempo da perdere! Il presente galoppa veloce e il futuro è già qui, e ad esso sarà bene adeguarsi, cogliendolo in tutte le sue innumerevoli possibilità.

  • CONSUMATORE: NUOVO PROTAGONISTA

    CONSUMATORE: NUOVO PROTAGONISTA

    Oggi come oggi al centro del processo di acquisto, e di conseguenza delle strategie di vendita da adottare, non si colloca più il prodotto in sè, bensì il consumatore stesso.

    Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un cambiamento importante, per non dire epocale, del mercato, determinato fondamentalmente dall’avvento del web. Ed anche il consumatore, ed il suo ruolo attivo su tale mercato, è di conseguenza cambiato.
    Fino a una decina di anni fa il cliente si recava direttamente in negozio per effettuare i suoi acquisti, non essendoci ovviamente altre modalità all’infuori di questa. Oggi invece gran parte dei consumatori prima di portare a termine il loro acquisto si documentano a dovere, in maniera immediata e veloce, attraverso il web, che fornisce una gran quantità di informazioni utili.

    E’ evidente, a questo punto, come anche l’azienda sia chiamata ad evolversi in tal senso, è necessario seguire il flusso di questo cambiamento, se si vuole restare competitivi e vincenti sul mercato. Non è più possibile, al giorno d’oggi, ignorare la rivoluzione apportata dal web, sia a livello di mercato che dei consumatori, e si rende necessario un adeguamento ad essa, anche da parte dell’azienda stessa.
    In particolare, se ne dovrà tenere conto soprattutto a livello dei cosiddetti “nativi digitali”, ovvero la fascia di consumatori sotto i 30 anni di età, la quale è cresciuta sostanzialmente nell’era digitale, e di questo elemento digitale fa largamente uso anche in vista degli acquisti che andrà poi ad effettuare.

    L’altra fascia di riferimento invece, quella dei “nati analogici”, cioè sopra i 30 anni di età, considera ancora normale recarsi direttamente in negozio e lì fare tutte le valutazioni del caso, ma anche presso questa tipologia di clienti, naturalmente, si sta facendo sempre più largo l’utilizzo della rete a scopo di consulto previo.

    Il gran cambiamento che si richiede all’azienda per restare, come si è detto, competitiva e al passo coi tempi, di fronte a questo nuovo scenario, prevede quindi la sua entrata in campo in quella stessa rete che tanta importanza riveste nel processo di acquisto al giorno d’oggi.
    Si dovranno innanzitutto effettuare delle valutazioni precise, al fine di individuare il target di riferimento, a cui questo nuovo tipo di comunicazione intenderà rivolgersi. In secondo luogo, si dovrà indirizzarsi, in maniera precisa e mirata, a tale target, servendosi naturalmente di tutti gli strumenti del caso.

    Si tratta quindi di definire la tipologia di consumatore che interessa, quali sono le sue abitudini di acquisto, i suoi interessi, le sue propensioni. E a quel punto, utilizzare il giusto “tone of voice”, il tono di voce, per rivolgersi a questi potenziali clienti, ovvero adottare i mezzi giusti, e i linguaggi giusti.

    Una volta individuato il target di riferimento sarà allora ampiamente possibile come prima cosa “intercettarlo”, con i mezzi messi a disposizione dalla rete, nonché, sempre attraverso la rete, accrescere l’autorevolezza dell’azienda stessa presso i consumatori, in modo da farli sentire “a casa propria”, fidelizzarli e quindi istillare in loro il desiderio di proseguire il rapporto intrapreso.
    Non si tratta più, quindi, semplicemente di andare a DESCRIVERE un prodotto, ma di PARLARE a chi vogliamo diventi un potenziale acquirente: è esattamente questa la sfida, oggi!

    Non resta che accettarla, pronti al cambiamento e consapevoli del fatto che possediamo tutti gli strumenti per uscirne vincitori.

  • IL LAVORO SI PAGA

    IL LAVORO SI PAGA

    E’ di pochi giorni fa la notizia che il Comune di Roma è alla ricerca di grafici e creativi da assoldare perché lavorino al suo sito istituzionale. La particolarità della questione è che queste persone dovrebbero farlo “aggratis”. Cioè prive di retribuzione, naturalmente.
    Ma forse qui ci si è dimenticati innanzitutto, come troppo spesso accade, che il lavoro è per definizione un’occupazione retribuita, nonché che la nostra stessa Costituzione, lo sanno anche i bambini, è fondata sul lavoro.Dunque non conta quale tipo di lavoro si svolga, quale sia la mansione richiesta, quale e quanto dispendio di energie, tempo, impegno essa richieda: quella mansione andrà proporzionalmente retribuita! Perché il lavoro si paga.Del resto la radice della parola “lavoro” è il latino “labor”, che significa come prima cosa “fatica”. Perché dovremmo aspettarci che qualcuno faccia gratuitamente fatica? Chi glielo fa fare? In nome di cosa? Stiamo parlando spesso di persone con competenze precise, dotate di riconosciute capacità ed anni di esperienza alle spalle. Diventa in questi casi quindi una vera e propria mancanza di rispetto proporre loro di lavorare senza ricevere in cambio il giusto corrispettivo.Troppe volte aziende dal nome altisonante approfittano della propria notorietà per permettersi di elargire lavoro non retribuito, quasi fosse un onore e un privilegio poter far parte di una di queste grandi famiglie, che però certo non trattano i loro subalterni che lavorano gratis come dei figli ma mirano piuttosto a spremerli come limoni, talvolta senza nemmeno un briciolo di riconoscenza nei loro confronti. E in tempi di crisi come quelli che ancora stiamo attraversando, purtroppo, tali aziende non possono che trarre vantaggio da una situazione di difficoltà pressoché generalizzata. Forse alcuni inoltre credono, o amano credere, che il lavoro “creativo” attenga ad una sfera in qualche modo differente, quasi a sè stante, non si tratta di lavoro “manuale” ma di lavoro “pensato”, pertanto ci può essere chi si senta maggiormente in diritto di non retribuire tali “pensieri”. La stessa cosa non si darebbe se il contesto di riferimento fosse, ad esempio, una catena di montaggio! Ma sempre di “fatica” si tratta, invece.

    C’è spesso come un’aura di mistero che circonda questi lavori nei quali le protagoniste non sono le mani ma piuttosto la testa, e di cui il risultato finale può non essere immediatamente visibile o quantificabile.

    Ma non è corretto e non è legittimo riferirsi intrinsecamente a questo tipo di preconcetto per proporre lavori non regolarmente retribuiti, non si capisce proprio perché, ovvero non vi è ragione che risulti accettabile, per la quale una “fatica” non dovrebbe ricevere la giusta compensazione. Sempre, e comunque.

  • PERSONAL SHOPPER COME VALORE AGGIUNTO

    PERSONAL SHOPPER COME VALORE AGGIUNTO

    Nonostante la diffusione sempre più marcata di acquisti effettuati online, resiste comunque la vendita presso la tradizionale sede fisica, ovvero il negozio.

    Come mai? Al di là del fatto che non tutti sono effettivamente a loro agio con uno smartphone in mano, o magari non hanno piacere ad esibire i propri dati personali in rete, un valore aggiunto del punto vendita rispetto al mondo virtuale resta senz’altro la presenza dei personal shopper.

    Recenti ricerche dimostrano come il 37% dei consumatori apprezza molto la profonda conoscenza dei prodotti da parte del personale di vendita, che contribuirà a rendere la shopping experience qualcosa che va oltre il mero acquisto di beni di consumo necessari.

    Con la consulenza giusta infatti si potranno trarre vantaggi personali, ricevere suggerimenti, stabilire confronti e scambi di opinioni, concludere la propria sessione d’acquisto sentendosi non solo soddisfatti per quanto ci si porta a casa, ma anche gratificati per la conversazione intrattenuta, per l’attenzione ricevuta, per le idee suggerite, per i momenti piacevoli trascorsi in gentile compagnia.

    La dedizione e la passione con cui un personal shopper si dedica al proprio cliente può davvero fare la differenza. E’ per questo, naturalmente, che è anche importante investire nella formazione del proprio personale e nella creazione di un buon ambiente di lavoro, è stato infatti dimostrato come tali elementi portino poi ad effettivi incrementi nelle vendite.

    Un personal shopper dedito con sincera partecipazione al proprio lavoro ed appositamente formato potrà non solo fornire utili consigli al cliente in merito alla merce ma anche altro tipo di prestazioni, come ad esempio dare pareri personalizzati, speciali servizi post-vendita, favorire l’atto dell’acquisto evitando al cliente noiose attese in cassa, dedicargli attenzioni o sconti speciali…Regalare insomma al consumatore prima, durante e dopo il momento della vendita vera e propria un servizio impeccabile e completo, che lo spinga a ritornare in negozio, e a farlo presto, e volentieri.

    Un ringraziamento speciale a Sabrina, responsabile del punto vendita di Seconda Strada a Besozzo, che ci ha permesso con la sua disponibilità e simpatia di toccare con mano tutto questo.

  • IL NUOVO RUOLO DEL NEGOZIO NEL MERCATO DIGITALE

    IL NUOVO RUOLO DEL NEGOZIO NEL MERCATO DIGITALE

    Potrà forse apparire paradossale, ma il ruolo del negozio, inteso come il tradizionale punto vendita a cui da sempre siamo abituati, con l’avvento del mercato digitale può arricchirsi di valori aggiunti…e crescere.

    Da recenti ricerche è emerso infatti che, nonostante stiamo assistendo al decisivo avvento della rete, che coinvolge altamente anche il settore acquisti, il negozio resta per il 70% dei consumatori globali il luogo finale dove effettivamente l’acquisto viene portato a termine.

    Questo per svariati motivi, anche facilmente intuibili, quali il poter vedere, toccare con mano ed anche provare l’articolo che interessa, oppure la soddisfazione e la gratificazione immediate date dall’uscire direttamente dal punto vendita col proprio acquisto in mano. Può capitare che la preventiva ricerca dell’oggetto in questione venga fatta online, ma poi come detto nel 70% dei casi il processo di acquisto termina in negozio.

    Si vengono delineando così oggi come oggi due tipologie di punti vendita, che rappresentano le tendenze attuali, frutto dell’avvento della rete, e che possiamo definire l’una il negozio “click & collect”, l’altra quello dove la shopping experience risulta più completa.

    Nel primo caso, il negozio rappresenta semplicemente il punto di ritiro della merce precedentemente acquistata online, secondo i cosiddetti meccanismi del “click & collect”, cioè “clicca e ritira” appunto, e sarà caratterizzato in maniera molto basica sia per quanto riguarda lo staff che lo stock delle merce esposta.

    Nel secondo caso invece ci troviamo difronte ad un punto vendita dove come detto la shopping experience è completa, si esprime a 360 gradi. Qui infatti avviene l’incontro e il confronto diretto non solo con l’oggetto del proprio interesse, ma anche con il personal shopper, che deve essere adeguatamente formato allo scopo. Ma non solo: in questo tipo di punti vendita l’utilizzo della tecnologia in particolare applicata al web è in grado di creare una vera e propria cassa di risonanza  capace di ispirare e accompagnare virtualmente il cliente nel suo processo di acquisto, ancor prima che metta fisicamente piede in negozio.

    Ed è quest’ultima, senz’altro, l’onda giusta da cavalcare, per essere al passo coi tempi e, come si diceva all’inizio, arricchirsi di tutta una serie di valori aggiunti.