E’ di pochi giorni fa la notizia che il Comune di Roma è alla ricerca di grafici e creativi da assoldare perché lavorino al suo sito istituzionale. La particolarità della questione è che queste persone dovrebbero farlo “aggratis”. Cioè prive di retribuzione, naturalmente.
Ma forse qui ci si è dimenticati innanzitutto, come troppo spesso accade, che il lavoro è per definizione un’occupazione retribuita, nonché che la nostra stessa Costituzione, lo sanno anche i bambini, è fondata sul lavoro.Dunque non conta quale tipo di lavoro si svolga, quale sia la mansione richiesta, quale e quanto dispendio di energie, tempo, impegno essa richieda: quella mansione andrà proporzionalmente retribuita! Perché il lavoro si paga.Del resto la radice della parola “lavoro” è il latino “labor”, che significa come prima cosa “fatica”. Perché dovremmo aspettarci che qualcuno faccia gratuitamente fatica? Chi glielo fa fare? In nome di cosa? Stiamo parlando spesso di persone con competenze precise, dotate di riconosciute capacità ed anni di esperienza alle spalle. Diventa in questi casi quindi una vera e propria mancanza di rispetto proporre loro di lavorare senza ricevere in cambio il giusto corrispettivo.Troppe volte aziende dal nome altisonante approfittano della propria notorietà per permettersi di elargire lavoro non retribuito, quasi fosse un onore e un privilegio poter far parte di una di queste grandi famiglie, che però certo non trattano i loro subalterni che lavorano gratis come dei figli ma mirano piuttosto a spremerli come limoni, talvolta senza nemmeno un briciolo di riconoscenza nei loro confronti. E in tempi di crisi come quelli che ancora stiamo attraversando, purtroppo, tali aziende non possono che trarre vantaggio da una situazione di difficoltà pressoché generalizzata. Forse alcuni inoltre credono, o amano credere, che il lavoro “creativo” attenga ad una sfera in qualche modo differente, quasi a sè stante, non si tratta di lavoro “manuale” ma di lavoro “pensato”, pertanto ci può essere chi si senta maggiormente in diritto di non retribuire tali “pensieri”. La stessa cosa non si darebbe se il contesto di riferimento fosse, ad esempio, una catena di montaggio! Ma sempre di “fatica” si tratta, invece.

C’è spesso come un’aura di mistero che circonda questi lavori nei quali le protagoniste non sono le mani ma piuttosto la testa, e di cui il risultato finale può non essere immediatamente visibile o quantificabile.

Ma non è corretto e non è legittimo riferirsi intrinsecamente a questo tipo di preconcetto per proporre lavori non regolarmente retribuiti, non si capisce proprio perché, ovvero non vi è ragione che risulti accettabile, per la quale una “fatica” non dovrebbe ricevere la giusta compensazione. Sempre, e comunque.

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