Il consumatore del settore moda, oggi come oggi, risulta sempre più informato, preparato ed esigente. Per questo è necessario anche in quest’ambito stare al passo coi tempi, per coglierne sfumature, cambiamenti, e prevederne in qualche modo gli sviluppi. Solo così si potrà essere davvero concorrenziali.
Il punto vendita in questo senso può porsi come interessante anello di congiunzione tra l’azienda e il consumatore, riuscendo a monitorare in tempo reale quelli che sono i trand del momento, che il consumatore acquisisce dal mondo esterno e che poi va a ricercare nel negozio stesso.
Naturalmente anche la moda in sé e per sé, come settore, ha conosciuto lei stessa un’evoluzione nel corso del tempo, in maniera significativa soprattutto nella seconda metà del secolo scorso.
Da un punto di vista storico, nel primo dopoguerra la persistente e ancora netta divisione della società tra la classe agiata e la massa comportava una forte polarizzazione dei consumi. Si aveva da un lato la couture parigina per le donne e l’alta sartoria inglese per gli uomini, modalità attraverso le quali le classi alte ostentavano il loro status, dall’altro, per quanto riguarda le masse e le classi meno agiate, esse erano invece caratterizzate da un abbigliamento indifferenziato e invariato nel tempo.
Un primo cambiamento rispetto a tutto ciò si ha alla fine degli anni ’60, contestualmente a due fondamentali fenomeni sociali: la contestazione giovanile e l’emancipazione femminile.
I giovani prendono coscienza della loro autonomia intellettuale, rivendicano nuovi valori e sentono di rappresentare un mondo diverso e spesso in contrapposizione con quello degli adulti. Nasce così un abbigliamento destinato a questo universo giovane che si configura come un nuovo segmento di mercato, il quale prevede adesso anche nuove differenziazioni, come jeanswear, sportswear, casualwear ad esempio.
Negli anni del boom un pubblico sempre più ampio accede ai consumi, quale quello della moda. La donna inoltre assume un nuovo ruolo in questi stessi anni: sempre più dismette i panni della semplice casalinga per occupare adesso ruoli lavorativi anche importanti, acquisisce consapevolezza di sé e ricerca un nuovo modo di apparire e un abbigliamento consono alle proprie esigenze.
Contemporaneamente, la crisi dell’alta moda francese e della grande industria conducono alla nascita dei distretti industriali e del prêt-à–porter. Si fa strada quindi un nuovo concetto di moda che diventa industrializzata e consente una differenziazione e una forte segmentazione dell’intero settore, cose che fino a qualche decennio prima erano inesistenti.
Tutti questi mutamenti, che si compiono definitivamente negli anni ’80, preludono e concorrono al fenomeno dello “stilismo”, si sviluppa così considerevolmente in particolare il prêt-à–porter italiano grazie alla creatività degli stilisti e all’avvio di politiche di brand extension che segmentano il mercato sulla base del prezzo e creano un’offerta di prodotti griffati ad un costo accessibile.
Il resto, è storia contemporanea.